Renato Di Bosso Pittore

Renato Di Bosso Pittore nacque a Verona nel 1905 e morì ad Arbizzano di Valpolicella nel 1982.

Renato Righetti, in seguito ribattezzato Renato di Bosso da Marinetti col nome del legno prediletto dallo scultore futurista, discendeva da una famiglia di antica tradizione artigianale e artistica.

La giovenizza

Dapprima, cmpì la sua formazione prima nell’aula di Ruggero Dondè della Scuola d’Arte Applicata all’industria e, in seguito, all’Accademia Cignaroli, dove si diplomò nel 1925. L’anno successivo debuttò come espositore alla Mostra provinciale di Belle Arti di Cuneo con le sculture La nonna, il Nazzareno e Naufraghi.  Attraverso di esse, l’artista rivelò una solida formazione toreutica ancora improntata a un decorativismo di matrice verista. Lo stle maturò presto verso una sintesi formale che gli consentì di superare la fase meramente riproduttiva, ottenendo così effetti di alto lirismo estetico e musicale.

Il futurismo

L’incontro di Renato Di Bosso col futurismo avvenne attraverso l’amico Ambrosi Alfredo conosciuto in Accademia, che gli prestò per la lettura il libro di Boccioni Pittura e scultura futurista. La folgorazione fu immediata, come subito apparve evidente nella scultura Il violinista, sintesi plastica di legno eseguita nel 1930. Comunque, la scultura di Renato Di Bosso non sarà mai una tardiva rilettura boccioniana in quanto egli sceglierà il versante di un futurismo simbolista.

La stagione pittorica futurista di Renato Di Bosso fu inaugurata nel 1932, da opere di pregevole essenzialità plastico-dinamica come il pastello Direttore d’orchestra. Quindi, cominciò a cimentarsi in aeropitture, complice ancora una volta l’amico Ambrosi frequentato spesso all’aeroporto di Boscomantico dove il padre era custode.

Il suo primo periodo delle visioni aeree fu contraddistinto da una volontà di trasfigurazione mistico-lirica delle impressioni percettive di paesaggio. Questa ricerca produsse esiti pittorici e plastici notevoli, approdando alla ideazione ed esecuzione delle tavole rotative, supporti circolari mobili che ruotando su un perno centrale consentivano allo spettatore di rimanere coinvolto sia nella sensazione del volo che in quella del movimento.

Il secondo ciclo aeropittorico, sviluppato agli inizi del 1940, fu di visioni aeree di guerra o di bombardamento. Le opere, dal chiaro intento pubblicitario delle operazioni belliche promosse dal regime, riacquistano un accademico manierismo pittorico, proiettato in concrete situazioni di perlustrazioni nei cieli del Mediterraneo e di attacchi aerei.

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Bibliografia: testi tratti da “Futurismi a Verona. Il gruppo futurista veronese U. Boccioni”. Ediz. Skira a cura di Giorgio Cortenova e Cesare Biagini Selvaggi